Quali possibilità per un Bear Market?

Idee e Strategie di Investimento / Financial Times / 14 Gennaio 2016


13 gen 2016 Dopo un’altra ondata di vendite nel mercato globale, che ha colpito Wall Street con eccezione del Giappone, John Authers guarda ai dati storici. Senza una recessione, il Bear Market tende a essere breve e poco profondo. Le azioni della Russell 2000 caps sono ora in un Bear Marker. La classica definizione di Bear Market è il calo del 20 per cento o più dal picco, mentre l'eventuale diminuzione del 10 per cento o più è definita una correzione.

L'indice di Russell 1000 delle large caps stocks, tende a essere molto simile a quello di S&P500, ora si trova in una posizione di correzione e le mega caps si stanno comportando meglio di quest’ultime. Al contrario numerose delle più grandi e principali azioni dell’anno passato sono state tra le più grandi penalizzate negli ultimi giorni. Questo porta alla questione se siamo davvero in procinto di un Bear Market? Prendiamo in considerazione le lezioni dalla storia. S&P500 in termini reali ovvero corretto con l’inflazione CPI negli ultimi 50 anni, rileva una cosa molto interessante in termini reali: non si è mai superato il livello raggiunto durante l’Internet bubble del 2000.

Una grandissima fonte di speranza è che negli ultimi 30 anni ci sono stati solo tre Bear Market, nessuno dei quali associato alla recessione e in tutti e tre i casi sono stati rapidamente corretti. Per la cronaca, sono accaduti nel 1987, alla fine del 1998 e nel 2011. Un ragionamento valido trattato da molte persone, è che se non c'è una recessione, il Bear market tende a non abbassarsi più del 20 per cento e a correggersi da solo abbastanza rapidamente. Negli USA il settore manifatturiero (12 per cento dell’economia totale) è in recessione ma al di là da questo non vi è ancora un chiaro segno di una recessione e questa è la più forte speranza che possiamo avere, in qualche modo, per evitare un Bear Market.