Qual è la vera impronta di carbonio del cibo che consumiamo?
Per chi vive nel Regno Unito, una mela importata dalla Nuova Zelanda ha un'impronta di carbonio maggiore di quella coltivata in casa. Tuttavia non sempre questo è vero: ogni fase del ciclo di vita di un alimento infatti, impatta sull'ammontare dell’impronta di carbonio complessiva quindi non è solo il trasporto che conta. Attualmente, grazie alla tecnologia, misurare le emissioni totali di carbonio di un alimento sta diventando sempre più facile e sempre più aziende stanno introducendo una dettagliata "etichettatura del carbonio", sulla scia di una maggior consapevolezza dei propri clienti.
Per quanto riguarda i trasporti, le spedizioni via mare riguardano il 59% delle miglia percorse a livello globale al contrario del trasporto aereo che è utilizzato solo per lo 0,2% e solo per alcuni beni specifici. Pur essendo una percentuale limitata, i beni trasportati via aria hanno l’impronta di carbonio più alta.
Alcune aziende, tra cui TESCO, stanno cercando di ridurre l’impatto ambientale dei loro prodotti e hanno iniziato ad etichettare singolarmente i loro prodotti con informazioni circa l’impronta di carbonio; in passato servivano circa 7 mesi per effettuare il calcolo dell’impronta di carbonio, ma oggi grazie alle nuove tecnologie e ai big data il processo si è significativamente ridotto.