La crisi finanziaria: una decade di debiti

Macroeconomia e Politica / Financial Times / 04 Settembre 2017


Dopo dieci anni dalla crisi finanziaria globale il mondo continua a raccoglierne le conseguenze. David McWilliams collega i punti finanziari, economici, sociali e politici per rivelare il vero impatto del peggior crash finanziario dopo la Grande Depressione.

Nell’afosa estate del 2007 Lady Gaga cantava “Poker face” nei bar di NY, Steve Jobs aveva appena lanciato l’iPhone, Donald Trump incoronava Piers Morgan come re delle celebrità e sulla copertina del TIME Vladimir Putin era acclamato come “uomo dell’anno”. La disoccupazione era ai minimi storici e gli esperti annunciavano un mercato stabile e resistente.

Wall Street però non era così stabile come sembrava. I fondi speculativi al loro interno stavano fallendo ma le agenzie che possedevano i fondi sembravano ignorare il problema: ricevevano i soldi dalle banche e custodivano il denaro. Il crollo finanziario è stato predetto da segnali finanziari, economici, politici e sociali.


Le banche, le precedenti dominatrici dei tre mercati, si trasformarono in fanatici che chiedevano un conto allo stato. Fu la tipica situazione dell’ostaggio: le banche chiesero ai governi di tutto il mondo un conto, minacciandoli di sparare al loro ostaggio ovvero l’economia. Il segreto di fondo era che la maggior parte dei debiti esistenti furono accollati a persone che non avevano niente a che fare con quei debiti.

La situazione si ripercosse sull’economia che andò in mille pezzi. Il valore dei beni era calato drasticamente mentre dall’altro lato i debiti aumentarono. A questo seguì la bancarotta, l’aumento della disoccupazione e l’aumento del deficit statale. L’economia stava soffocando. La Banca Centrale si mosse per reflazionare il mercato globale immettendo moneta e comprando tutto ciò che aveva causato il crollo del bilancio delle varie banche.


I prezzi dei beni aumentarono e chi venne lasciato fuori furono le persone più povere. Dal punto di vista politico però il voto di un ricco equivale al voto di un povero e grazie allo strumento che normalmente viene chiamato “democrazia” si fecero strada sulla scena politica personaggi che proponevano risposte veloci ai problemi concreti.