Dovrebbero esserci dei limiti alla libertà di parola?

Da Baby Boomer a Millennial / The Economist / 30 Maggio 2018


La libertà di parola è al centro di una sana democrazia, ma negli ultimi anni è stata attaccata da più fronti. Le opinioni controverse vengono messe a tacere per proteggere le persone vulnerabili dal pericolo. Jon Fasman dell’Economist offre la sua opinione su come le società dovrebbero reagire.

Facebook, Twitter e internet in generale ci da’ la possibilità di dire qualunque cosa quando vogliamo. Gli studenti di alcune università americane vogliono mettere a tacere coloro che hanno visioni molto diverse da ciò che sente la maggior parte degli altri. I governi europei vogliono impedire alle persone di parlare male delle minoranza più vulnerabili.

Ovviamente governi autoritari hanno da sempre soppresso la libertà di parola e di espressione. Quello che sconvolge oggi è che gli attacchi vengono dalle società libere, basate su ideali illuminati. Molti limiti sorgono per motivi nobili, ma chi decide cosa va bene o cosa non va bene?

Non c’è nessuna soluzione fissa tra un liberalismo che cerca di massimizzare la libertà di espressione e uno che vuole proteggere i più vulnerabili dai rischi. La buona notizia è che questi due valori coesistono. Molte università americane hanno adottato la dichiarazione di Chicago sulla libertà di espressione.

Essa dice che il dibattito non dovrebbe essere soppresso solo perché si ritiene che ciò che viene espresso sia offensivo, immorale o sbagliato. Se ci si imbatte in un’idea che si ritiene offensiva, bisogna resistere alla tentazione di sopprimerla. Al contrario si può invece protestare in modo pacifico, soprattutto usando la ragione e la retorica.